Donna, Mamma, Lavoratrice.

Nella seconda domenica di maggio, quasi tutto il mondo festeggia la Mamma, ed in Italia la
prima giornata a lei dedicata risale al 1956, celebrata a Bordighera, comune Ligure nel Teatro
Zeni. I primi ricordi, seppur in forma diversa, iniziarono nel 1933 e con il passare del tempo la
Festa della Mamma, nel nostro paese, ha assunto un ruolo fondamentale nella società moderna
e contemporanea.
La nostra cultura affonda le sue radici nella celebrazione della donna. L’Italia è la culla del ‘dolce
stil novo’,di poeti come Dante, le cui intere vicende narrative sono ispirate dalla donna, descritta
come una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare, come una creatura esemplare, che
può condurre l’uomo alla “salute”, alla salvezza eterna, perché mediatrice tra cielo e terra. Il
riferimento dantesco, ci riporta, al significato religioso che la festa della mamma assume nel
comune immaginario collettivo. Maggio è il mese dedicato a Maria, madre di tutta l’umanità.
Ma qual è il valore di questo retaggio culturale, nella realtà odierna? Cosa ci suggerisce l’idea
della Beatrice dantesca, in un mondo in cui la figura della donna è in costante evoluzione?

L’universo Donna nelle sue molteplici sfumature e sensibilità, nascoste agli occhi del mondo, ha
sempre suscitato in me interesse e curiosità non banali. Parlare di donna, oggi, non può
prescindere dal raccontare la capacità di conciliare nello stesso momento, non solo il ruolo di
Donna, ma anche di Mamma e Lavoratrice.

Nel mondo del lavoro l’incontro quotidiano con la donna impiegata, dirigente, operaia, apre allo
scenario della complessità che si cela dietro l’organizzazione della realtà femminile: ci sono
sicuramente altri fardelli da portare su di sé.

La donna che lavora ha più strade che deve percorrere nel miglior modo possibile: la famiglia, il
lavoro, la cura di se stessa.

Spesso accolgo le preoccupazioni di molte lavoratrici relative alla cura della famiglia, della casa,
alla mancanza di tempo da dedicare alla crescita dei propri piccoli; apprensioni che
inevitabilmente le accompagnano durante la giornata lavorativa, con l’estrema attenzione ad
evitare che questo impatti sulla qualità del loro lavoro.

Tutto questo, a volte, spinge la donna a ridimensionarsi, a preferire incarichi meno onerosi, con
l’obiettivo di conciliare tutti gli aspetti concernenti la propria vita. Cosi come ci sono donne che
scelgono di dedicarsi alla carriera e sono determinate a raggiungere importanti obiettivi
imprenditoriali. Nell’estrema diversità di queste scelte, c’è sicuramente un elemento che non
può essere bandito, il rispetto di ciò che si ritiene giusto per sé e per la propria vita.

Ogni scelta comporta rinunce, sacrifici, capacità di organizzazione e gestione. Ma è
fondamentale, a mio avviso, sottolineare che ogni donna deve essere libera di valutare ogni
opzione a sua disposizione ed è giusto che abbia i mezzi idonei per riuscire a realizzare ciò che
desidera.

La domanda sorge spontanea, la società fornisce strumenti sufficienti ad una donna, affinché
possa accedere liberamente al mondo del lavoro, senza dover amputare una parte di sé?
Le famigerate “quote rosa”, non si configurano, di certo, come soluzione. Rappresentano la
conferma di una serpeggiante cultura discriminatoria tra uomini e donne, ancora presente nel
mondo del lavoro, in varie declinazioni.

Le donne vanno sicuramente tutelate, ma non avvantaggiate perché meno meritevoli. Viviamo
ancora in una realtà in cui, nel selezionare una candidata, è più importante chiedere se prevede
di diventare madre in un dato arco temporale e meno pregnante saggiare le sue competenze, le
sue conoscenze, le sue esperienze.

Credo fortemente che ogni donna debba essere valorizzata per ciò che è e non per ciò che viene
previsto dal manuale “ Cencelli “, senza alcun tipo di discriminazione.

Nel tratteggiare questo quadro ci viene in aiuto l’ironia usata da Checco Zalone nel film “Quo
Vado?”. Nella scena in cui il protagonista entra nel ministero e si rivolge direttamente verso
l’uomo seduto alla scrivania, dando per scontato si trattasse del dirigente e alla precisazione del
segretario, che gli comunica di dover conferire con una dirigente donna, mostra tutto il suo sconcerto.

L’emancipazione femminile sul piano culturale e sociologico è una realtà di cui tutti dovremmo
prendere atto, un processo sempre in fieri e che non dovrebbe mai smettere di procedere.

Le donne valgono, in quanto mamme, in quanto lavoratrici, in quanto donne e il compito della
società, partendo da noi uomini, dovrebbe essere quello di valorizzare il ruolo fondamentale
della donna e di aiutarla per potersi esprimere al meglio, soprattutto nel mondo del lavoro.

A chi dedico questo articolo?

Ovviamente alla mia Mamma, una splendida casalinga che ha cresciuto tre figli dedicandosi
completamente alla sua famiglia, facendo moltissimi sacrifici e rinunce, sempre con cura amorevole, in
fede a ciò che la cultura e il contesto del momento consentivano.

E a Luana, madre che a 22 anni muore mentre lavora. Un evento drammatico che, a
prescindere dalla natura dell’evento, ci rimanda al sempre attuale tema dell’importanza della
sicurezza e della tutela dei lavoratori.

A loro e a tutte le donne rivolgo questo augurio tramite le parole di Alda Merini:

Sorridi
Sorridi donna
sorridi sempre alla vita
anche se lei non ti sorride.
Sorridi agli amori finiti
sorridi ai tuoi dolori
sorridi comunque.
Il tuo sorriso sarà
luce per il tuo cammino
faro per naviganti sperduti.
Il tuo sorriso sarà
un bacio di mamma,
un battito d’ali,
un raggio di sole per tutti.